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Introduzione
Definizione Giuridica
La definizione di impresa non è presente all’interno del codice civile italiano; è invece presente quella di imprenditore (colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi).
Da questa definizione si trae che un impresa (che è l’attività svolta dall’imprenditore) è un’attività economica organizzata svolta professionalmente al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.
Un imprenditore può avvalersi della collaborazione di uno o più lavoratori subordinati ovvero coloro i quali si obbligano, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro (che può essere sia intellettuale che manuale) alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
Un’attività è un’impresa se rispecchia le tre caratteristiche seguenti:
- economica: l’output deve avere un valore economico e deve essere scambiabile;
- professionale: svolta abitualmente e in maniera sistematica (ma non necessariamente con continuità temporale, in esclusiva o dall’imprenditore);
- organizzata: deve avere una sua organizzazione e gestione delle risorse.
Una società è un contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
Un azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
Una ditta (dal latino dicta, ovvero dire) è il nome commerciale scelto dall’imprenditore per esercitare l’impresa. Questo nome è quello che consente ai consumatori di identificare l’impresa e la legge ne garantisce l’uso esclusivo all’interno del mercato target.
Scopo dell’impresa
Un’impresa si occupa di trasformare input in output utilizzando risorse quali capitale fisico (macchinari), risorse immateriali (conoscenze, brevetti) e capitale umano (persone). L’output delle imprese è poi scambiato/venduto ad altre imprese (B2B) o a consumatori finali (B2C).
L’obiettivo dell’impresa, alla fine, è generare il maggior guadagno possibile per i proprietari (la cui remunerazione, appunto, dipende dalla capacità dell’impresa di generare profitto/utile).
La formula per calcolare il profitto è molto intuitiva:
\text{Utile} = \text{Ricavi} - \text{Costi}
Per aumentare l’utile è possibile (i) aumentare i ricavi o (ii) diminuire i costi, ad esempio, aumentando le quote di mercato, migliorando il prodotto, aprendosi a nuovi mercati, diversificando l’offerta, eccetera.
Nella realtà, l’impresa non può avere come unico obiettivo quello di massimizzare i ricavi, altrimenti si rischierebbe di cadere nello sfruttamento (che, in teoria, dovrebbe essere vietato dalla normativa vigente): l’impresa deve anche fare in modo di garantire un certo livello di benessere nei confronti dei dipendenti e deve impegnarsi ad essere sostenibile nei confronti dell’ambiente.
Rischi
Il lavoro dell’imprenditore e rischioso. Questo rischio è dato da diversi fattori:
- Tempo: le decisioni vengono essere prese nel presente e influenzeranno il futuro senza però avere tutte le informazioni necessarie per prendere la miglior decisione (Contesto di Incertezza);
- Rigidità Strutturale: la struttura dell’imprese è molto rigida, non si possono effettuare cambi, come assumere e licenziare dipendenti, ogni giorno in risposta alle variazioni del mercato;
- Contesto Dinamico: il mercato cambia continuamente e le imprese devono essere in grado di adattarsi a questi cambiamenti (domanda, preferenze, tecnologie, etc).
L’imprenditore si assume il rischio d’impresa ovvero intasca i guadagni se l’impresa va bene e risponde delle perdite in caso contrario.
La responsabilità dell’imprenditore (o dei soci) può essere:
- illimitata: risponde con tutto il patrimonio personale, casa e mutande incluse;
- limitata: risponde solo con i capitali conferiti.
Ciclo di vita di un’impresa
Nascita
Per fondare un’impresa l’imprenditore deve predisporre un capitale iniziale. Questo capitale può essere:
- Capitale proprio: l’imprenditore investe i propri risparmi;
- Capitale di Rischio: l’imprenditore si fa finanziare da investitori privati (soci esterni);
- Capitale di Debito: l’imprenditore si fa finanziare da istituti di credito (banche).
La presenza di capitale proprio aumenta la credibilità dell’impresa e la rende più appetibile per gli investitori esterni diminuendo il rischio di insolvenza.
Successivamente l’imprenditore deve stilare un business plan che descriva l’idea imprenditoriale, il prodotto o servizio offerto, il mercato di riferimento, la strategia, il gruppo dirigente e le previsioni finanziarie. Questo documento è fondamentale per attrarre investitori e ottenere finanziamenti.
Morte
La vita dell’impresa e quella dell’imprenditore non terminano necessariamente nello stesso momento.
Un’impresa può essere sciolta per diversi motivi:
- Fallimento (Scioglimento Coatto): l’impresa viene scolta per ordine del tribunale e i beni vengono liquidati per pagare i creditori.
- Liquidazione (Scioglimento Volontario): l’imprenditore decide di chiudere l’impresa volontariamente.
- Acquisizione/Fusione: l’impresa si unisce ad un’altra impresa, cessando di esistere come entità autonoma.
In Italia, un’impresa dura, in media, 12 anni prima di essere sciolta per qualsivoglia motivo.
Classificazione di imprese
Un’impresa è caratterizzata da diversi punti:
- Proprietà:
- proprietà pubblica: di proprietà di un ente pubblico quale lo Stato;
- proprietà privata: di proprietà di un privato.
- Obiettivo:
- profit: l’imprenditore vuole guadagnare;
- non profit: lo scopo non sono i soldi ma qualcosa di socialmente rilevante.
- Dimensione:
- grande: ≥ 250 addetti e > 50 mln € fatturato;
- medie: 50-249 addetti e 10-50 mln € fatturato;
- piccole: < 50 addetti e < 10 mln € fatturato;
- micro: < 10 addetti e ≤ 2 mln € fatturato.
- Output:
- beni materiali:
- imprese agricole: produzione di beni con processi legati alla terra;
- imprese industriali e manifatturiere: produzione di beni utilizzando trasformazioni tecniche;
- servizi: trasporti, distribuzioni di acqua o energia, ristorazione, banche, eccetera.
- beni materiali:
- Numero di output:
- monoprodotto: produce un solo bene o servizio;
- diversificate: più servizi o prodotti simili tra loro;
- conglomerati: più servizi o prodotti anche molto diversi (spesso con un core business prevalente).
- Consumatore:
- wholesale (all’ingrosso): beni acquistati da altre imprese;
- retail (al dettaglio): beni acquistati dal consumatore finale.
- Localizzazione:
- multinazionale;
- nazionale.
Un settore è l’insieme di tutte le imprese che producono beni od offrono servizi considerati sostituibili (tra di loro) dal consumatore finale. Le imprese che appartengono ad uno stesso settore sono in competizione tra loro.
Le tipologie di impresa sono descritte dai codici ATECO (ATtività ECOnomiche), per l’Italia, e dal NACE (statistical classification of economic activities), per l’Unione Europea.
Forme giuridiche
Un’impresa può assumere una di molte forme giuridiche: la forma giuridica assunta da un’impresa ne determina diritti, doveri, norme che si applicano eccetera.
Le forme giuridiche dell’impresa si distinguono in imprese individuali (costituite da un’unica persona fisica) e imprese collettive (costituite da più persone).
La forma giuridica di un’impresa può essere cambiata in qualsiasi momento.
Impresa individuale
In un’impresa individuale, l’impresa coincide con l’imprenditore che risponde illimitatamente (con tutto il patrimonio personale) dei rischi dell’impresa.
Le imprese familiari sono un’estensione delle imprese individuali: in questo tipo di impresa si ha un imprenditore singolo che si avvale in modo continuativo delle prestazioni lavorative dei propri familiari.
Le imprese individuali (che, tra l’altro, costituiscono la maggior parte delle imprese italiane) richiedono poca burocrazia, nessun versamento del capitale, pochi obblighi e sono, in generale, veloci in termini di decisioni da prendere. Di contro, però, si ha che la responsabilità dell’imprenditore è illimitata e che le imposte crescono più velocemente del reddito.
Imprese collettive
Come già accennato, le società collettive, sono composte da un gruppo (almeno due) di persone che uniscono le proprie forze (e capitali) allo scopo di generare profitto.
Esistono tre tipi di imprese collettive:
- società di persone: responsabilità solidale illimitata;
- società di capitale: responsabilità limitata ai conferimenti iniziali;
- società cooperative: responsabilità limitata ai conferimenti iniziali e scopo mutualistico.
Ciascuna di queste tipologie comprende a sua volta diverse sotto-tipologie di imprese che verranno analizzate in seguito.
Società di persone
Le società di persone sono abbastanza semplici sia dal punto della gestione che da un punto di vista burocratico. Vista la scarsa presenza di gerarchie ben definite, i soci di una società di persone hanno spesso problemi di coordinamento e poca autonomia decisionale. Queste società non hanno bisogno di un capitale iniziale minimo.
Queste società sono caratterizzate da una responsabilità illimitata e solidale dei soci: questo significa che, in caso di un socio che non adempi agli obblighi, gli altri soci devono rispondere con il proprio patrimonio personale.
Le tipologie di società di persone riconosciute per legge sono:
- società semplice (s.s.): riservata ad attività economiche non commerciali;
- società in nome collettivo (s.n.c.): sia attività di impresa commerciale che non;
- società in accomandita semplice (s.a.s.): i soci sono distinti in accomandatari (responsabilità illimitata) e accomandanti (responsabilità limitata).
Società di capitale
Le società di capitale possono risultare molto più complesse e macchinose da gestire in quanto sono soggette a dover adempire a molti obblighi burocratici, fiscali, di trasparenza e di governance. Di contro, però, è possibile una maggiore autonomia decisionale in molti campi, le tasse sono spesso minori e la responsabilità di ogni socio è limitata al capitale conferito in partenza (salvo in casi di illecito).
Le tipologie di società di persone riconosciute per legge sono:
- società a responsabilità limitata (s.r.l.): il capitale sociale (che parte da 10000€) è diviso in quote non quotabili in borsa;
- società a responsabilità limitata semplificata: nata per favorire l’imprenditorialità, è una s.r.l. con capitale iniziale minimo di 1€;
- società per azioni (s.p.a.): il capitale sociale (che parte da 50000€) è diviso in quote quotabili in borsa;
- società in accomandità per azioni (s.a.p.a): come la s.p.a. ma i soci si dividono in accomandatari ed accomandanti.
Società cooperative
Lo scopo di queste società è quello di fornire ai soci servizi a condizioni più vantaggiose di quelle presenti sul mercato.
Dovendo reinvestire tutti i profitti nell’attività imprenditoriale, godono di buone agevolazioni fiscali (che possono perdere in caso non vengano rispettati i requisiti di società cooperativa).
Organizzazione di un impresa
Nell’economia classica le persone sono descritte col concetto di homo economicus ovvero un individuo razionale che agisce in modo egoistico per massimizzare la propria ricchezza.
Questa interpretazione è utile per formulare teorie generali, ma nella realtà le persone umane svolgono attività economiche come mezzo, non come fine. Le persone hanno una razionalità limitata e agiscono per massimizzare il proprio benessere individuale, non solo quello materiale.
E’ detto organizzazione un insieme di individui con uno scopo comune, perseguibile tramite azioni individuali e collettive opportunamente definite e coordinate. Nella pratica, l’organizzazione di un’impresa consiste nell’assegnazione mansioni e nel loro coordinamento.
L’organizzazione può essere vista in diverse prospettive:
- Manageriale: l’organizzazione è vista come un’insieme di parti che interagiscono tra di loro (unità organizzative). Questa visione si focalizza su aspetti formali e oggettivi.
- Sociologica: l’organizzazione è vista come un’ambiente sociale in cui le persone si realizzano e perseguono anche i propri scopi. Questa visione si focalizza sugli individui, le relazioni, etc.
- Politica: l’organizzazione è vista come un mezzo per generare consenso ed esercitare potere. Questa visione si focalizza su meccanismi di potere e riduzione di conflitti.
Le imprese hanno un proprio ciclo di vita che segue alcune fasi: le prime tre sono sviluppo, crescita e maturità. A quest’ultima può seguire la fase di rivitalizzazione oppure le fasi di declino e morte.
Maggiore è la complessità di un’organizzazione e più saranno le attività da svolgere e la specializzazione dei membri.
Col crescere del numero di individui di un’organizzazione, crescono i problemi di diffusione delle informazioni, di allineamento degli obiettivi e di coordinamento.
Per tentare di contenere gli effetti negativi di questi problemi, il vertice organizzativo dell’organizzazione deve occuparsi di progettare sia la macrostruttura (quali sono le unità organizzative) che la microstruttura (quali sono le mansioni del singolo individuo).
Progettazione della microstruttura
Per avere un buon assetto organizzativo è necessario creare una condizione di efficacia dove:
- Esista un numero adeguato di persone assegnate alle attività da svolgere;
- Le persone assegnate abbiano profili coerenti con le attività;
- I compiti di ciascuna persona (mansione) siano definiti in maniera chiara ed inequivocabile;
- Per ogni persona siano definiti in maniera chiara ed inequivocabile gli obiettivi da raggiungere e le risorse a disposizione.
Un compito è un insieme di azioni collegate ed imprescindibili.
Una mansione è un insieme di compiti caratterizzanti una posizione individuale.
Una posizione individuale è la posizione di un individuo all’interno dell’organizzazione a cui è associata una mansione (ogni posizione individuale è assegnata ad una sola persona ma la stessa mansione può essere assegnata a più persone).
Un ruolo è composto dalle aspettative circa i comportamenti attesi da chi ricopre una data posizione individuale.
La progettazione della microstruttura consiste nel definire la posizione degli individui all’interno dell’organizzazione, ossia quello che fanno e come devono farlo.
Una delle attività fondamentali è quella del disegno delle mansioni: per ogni individuo, si deve decidere come assegnargli autorità decisionale e quanto deve essere specializzato.
Specializzazione
La specializzazione consiste in quanto è specifica una mansione e in quanto un individuo è specializzato in quella mansione.
Esistono due tipi di specializzazioni:
- Specializzazione orizzontale: riguarda il modo in cui i compiti sono distribuiti tra le persone;
- Specializzazione verticale: riguarda la separazione tra progettazione/controllo e esecuzione introducendo una gerarchia tra le posizioni individuali.
La specializzazione orizzontale comporta i seguenti vantaggi:
- favoreggiamento dell’apprendimento;
- riduzione dei costi di formazione;
- riduzione dei tempi morti dovuti ai context switch;
- standardizzazione delle modalità di lavoro.
Ma porta anche svantaggi:
- alienazione del lavoratore;
- perdita di competenze da parte del lavoratore;
- aumento dei costi di coordinamento.
Come già ampiamente osservato e documentato fin dai tempi della catena di montaggio, un’eccessiva specializzazione porta i lavoratori a sentirsi frustrati e alienati. Alcune tecniche per ridurre il senso di frustrazione sono:
- job enlargement: aggiunta di compiti diversi alle mansioni specializzate;
- job enrichment: aggiunta di compiti più importanti con più autonomia decisionale;
- job rotation: i lavoratori sono assegnati alle diverse mansioni a rotazione.
Una mansione, per essere trasmessa ad un lavoratore, deve essere codificata: questo può avvenire per forma scritta (tramite protocolli, procedure et similia) o per forma orale (lavoratore esperto effettua il training di un lavoratore appena assunto).
Formalizzazione
La formalizzazione di una mansione descrive le modalità di svolgimento di una mansione. La formalizzazione ha l’obiettivo di velocizzare e standardizzare le decisioni/azioni portando:
- Controllo: Riduce la discrezione degli individui e comportamenti indesiderati;
- Coordinamento: Facilita il coordinamento tra le persone che svolgono la stessa mansione;
- Protezione dei lavoratori: toglie l’arbitrio dei superiori e dei clienti.
Solitamente solamente le mansioni operativi possono essere formalizzate facilmente, mentre quelle manageriali e professionali sono più difficili da formalizzare.
Autonomia decisionale
L’autonomia decisionale è la libertà di prendere decisioni in merito alla propria mansione senza dover chiedere il permesso al proprio superiore.
L’obiettivo è velocizzare il processo decisionale rimuovendo i tempi dovuti all’attesa della risposta da parte del supervisore.
Una maggiore autonomia decisionale assegnata agli individui, oltre che a portare diversi vantaggi, porta alla perdita di controllo da parte dell’organizzazione (il che va a braccetto con il fatto che, spesso, gli obiettivi di organizzazione e individuo non combacino).
Per evitare la perdita di controllo pur mantenendo autonomi gli individui, si devono introdurre degli incentivi per spingere i lavoratori a compiere scelte adeguate per la persecuzione degli obiettivi dell’impresa.
Ovviamente gli incentivi devono essere misurati in modo da non poterne abusare.
Motivazione
Le motivazioni che spingono un individuo a lavorare possono essere categorizzate in diversi modi: una prima distinzione può essere quella tra motivazioni intrinseche (ad es. si diverte) e motivazioni estrinseche (ad ed. ritorno economico).
Un’altro modo di categorizzare queste motivazioni è la piramide di Maslow: in questa piramide vengono categorizzati i bisogni che un individuo è motivato a soddisfare nei 5 livelli elencati di seguito da quelli alla base a quelli in cima (i primi due sono anche detti bisogni primari mentre gli altri sono anche detti bisogni secondari).
- Bisogni fisiologici: bisogni legati alla sopravvivenza come cibo, acqua, sonno, etc.;
- bisogni di sicurezza: sicurezza fisica, economica, salute, etc.;
- bisogni di appartenenza: sentirsi parte di un gruppo, avere relazioni sociali, etc.;
- bisogni di stima: legati alla percezione di se nella società, al riconoscimento e al rispetto da parte degli altri;
- bisogni di autorealizzazione: legati alla percezione di se rispetto alle proprie potenzialità.
Quando un individuo ha soddisfatto i bisogni appartenenti ad un certo livello della piramide, non si sente più appagato e tenterà di soddisfare i bisogni del livello più in alto.
I metodi per ricompensare, motivare e controllare i lavoratori dipendono dalla cultura organizzativa che consiste di tutte le norme sociali attuate all’interno dell’azienda.
Secondo il framework dei valori concorrenti, la cultura organizzativa può essere descritta da due indici:
- Focus dell’organizzazione: quanto l’organizzazione si concentra sui dipendenti (interno) o sul mercato (esterno);
- Struttura dell’organizzazione: quanto l’organizzazione è flessibile o stabile.
Questi due indici danno origine a quattro culture organizzative:
- burocratica: ambiente formale e strutturato con procedure, gerarchie e regole ben definite. L’organizzazione si prende cura di te in cambio di fedeltà;
- comunitaria: ambiente collaborativo e orientato al team, in cui le persone lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni;
- competitiva: ambiente dinamico e orientato al mercato, in cui l’innovazione e la competitività sono al centro. L’organizzazione premia il successo individuale e il raggiungimento degli obiettivi;
- imprenditoriale: ambiente flessibile e orientato al cambiamento, in cui l’innovazione e la creatività sono valorizzate. L’organizzazione incoraggia l’assunzione di rischi e la sperimentazione.
Progettazione della macrostruttura
Mentre la microstruttura si occupa del posizionamento del singolo individuo, la macrostruttura si occupa delle interazioni tra individui e tra gruppi di individui.
Tre sono i passi fondamentali per la progettazione della macrostruttura di un’organizzazione:
- creazione delle unità organizzative (UO), organizzati per mansioni e posizioni individuali;
- definizione delle competenze, mansioni, responsabilità, obiettivi e meccanismi di coordinamento con altre UO;
- formalizzazione e creazione dell’organigramma derivando le informazioni da rappresentare dai due punti precedenti.
L’organigramma possiede due proprietà intrinseche che ne descrivono la complessità:
- Ampiezza del controllo (la dimensione orizzontale): rappresenta il numero di UO che rispondono ad una singola UO superiore;
- Profondità del controllo (la dimensione verticale): rappresenta il numero di livelli gerarchici presenti nell’organigramma.
L’aumento delle UO porta ad un aumento della complessità dell’organigramma e, di conseguenza, ad un aumento della difficoltà e dei costi di coordinamento tra le UO.
Le UO nell’organigramma si distinguono tra UO di linea (che compongono l’albero principale dell’organigramma) e UO di staff (che fungono da supporto alle unità di linea sottostanti).
Le UO possono essere distinte anche tra permanenti e temporanee.
Le varie UO su di un organigramma possono essere raggruppate per:
- raggruppamento numerico: dividendo gli individui in gruppi per lo svolgimento di una mansione comune;
- raggruppamento per input: raggruppare mansioni che
usano mezzi comuni:
- raggruppamento per funzione: raggruppare mansioni che svolgono la stessa funzione (ad es. marketing, vendite, produzione, etc.);
- raggruppamento per competenze: raggruppare mansioni che richiedono le stesse competenze (ad es. ingegneri, tecnici, etc.);
- raggruppamento per output: raggruppare mansioni che
producono lo stesso output;
- raggruppamento per area geografica: raggruppare mansioni che operano nella stessa area geografica;
- raggruppamento per cliente: raggruppare mansioni che servono lo stesso tipo di cliente;
- raggruppamento per prodotto: raggruppare mansioni che seguono lo stesso prodotto.
I criteri di raggruppamento utilizzati definiscono la struttura organizzativa dell’impresa e possono essere combinati tra loro tra i diversi livelli gerarchici.
Struttura Semplice
La struttura semplice è una struttura organizzativa con un numero ridotto di UO e con un vertice organizzativo molto forte. In questa struttura, il vertice organizza e coordina tutte le attività dell’impresa e prende tutte le decisioni importanti. Le UO sono poche e non sono specializzate: ogni UO si occupa di più mansioni e le persone hanno una scarsa autonomia decisionale.
Questa struttura è tipica delle piccole imprese e studi professionali.
Struttura Funzionale
Nella struttura funzionale, le unità organizzative (UO) di primo livello sono create raggruppando mansioni e individui in base agli input, ovvero ai compiti specifici di ciascuna funzione.
Questa struttura è particolarmente adatta per imprese monoprodotto che operano in contesti stabili e poco diversificati in termini di tecnologie, prodotti e mercati. La sua diffusione è dovuta alla semplicità e all’efficacia in situazioni gestionali stabili, dove la ripetitività delle procedure è un elemento caratterizzante.
Vantaggi:
- Efficienza nel coordinamento interno alle UO: i manager possono allocare mansioni in base al carico di lavoro e alle competenze;
- Efficienza nella condivisione di informazioni all’interno della stessa funzione;
- Riduzione dei costi: grazie a economie di scala e specializzazione.
Svantaggi:
- Scarsa attenzione a prodotti/clienti/mercati: il focus è sulle attività della propria UO;
- Alti costi di coordinamento tra le UO: le attività delle diverse UO sono interdipendenti;
- Lentezza decisionale: necessità di coordinazione tra varie UO.
Struttura Divisionale
La struttura divisionale è una struttura organizzativa in cui le unità organizzative (chiamate anche business unit o divisioni) di primo livello sono create in base agli output, ovvero ai prodotti, ai clienti o alle aree geografiche.
Questa struttura è particolarmente adatta per imprese diversificate che operano in contesti dinamici e complessi, dove è necessario adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato e dei clienti.
Vantaggi:
- Autonomia decisionale: le UO hanno una certa autonomia nelle decisioni dato che ogni divisione può essere vista come un’impresa a sé stante.
Svantaggi:
- Inefficienza: dato che ogni divisione è autonoma, si ha una duplicazione di funzioni e risorse tra le divisioni, perdendo così le economie di scala e la specializzazione;
Struttura a Matrice
La struttura a matrice è una struttura organizzativa che combina le caratteristiche della struttura funzionale e della struttura divisionale. In questa struttura, le unità organizzative di primo livello sono create sia in base agli input (funzioni) che agli output (prodotti, clienti o aree geografiche).
Questa struttura è particolarmente adatta per imprese grandi che operano con molti input, output e con risorse da condividere.
Vantaggi:
- Perseguire più obiettivi contemporaneamente.
Svantaggi:
- Complessità: la struttura a matrice è complessa e richiede un alto livello di coordinamento tra le UO.
Meccanismi di coordinamento
Esistono diversi meccanismi di coordinamento tra le UO:
- ruoli di collegamento: individui che hanno il compito di coordinare le attività tra le UO;
- manager integratori: individui che hanno il compito di coordinare le attività tra le UO e che hanno un ruolo di supervisione;
- team interfunzionali: gruppi di lavoro composti da membri di diverse UO che collaborano per raggiungere obiettivi comuni;
- sistemi di pianificazione e controllo: sistemi che consentono di standardizzare e coordinare i processi;
- sistemi informativi aziendali: sistemi che distribuirono le informazioni a tutta la struttura.
Relazioni interorganizzative
Le organizzazioni collaborano tra di loro per :
- benefici economici;
- innovazione;
- status;
- efficacia;
- internazionalizzazione.
Le relazioni interorganizzative si classificano in base alla somiglianza tra le organizzazioni e alla tipologia di rapporto (competitività vs. cooperazione).
Questa classificazione dà vita a quattro tipologie di relazioni:
- dipendenza dalle risorse (competitività tra
organizzazioni dissimili): questa relazione porta diversi tipi di
relazione:
- Acquisizione/Fusione: una organizzazione acquisisce un’altra organizzazione o le due si fondono;
- Joint Venture: due o più organizzazioni creano una nuova organizzazione per perseguire un obiettivo comune;
- Alleanza strategica: due o più organizzazioni collaborano per raggiungere obiettivi comuni senza creare una nuova organizzazione;
- Catena di fornitura: una organizzazione dipende da un’altra per le risorse necessarie alla propria attività;
- Associazione di Categoria: un gruppo di organizzazioni si unisce per rappresentare i propri interessi comuni, condividendo risorse ed esercitando pressione;
- Consiglio di Amministrazione Concatenato: un amministratore siede nei consigli di amministrazione di più organizzazioni, creando una rete di relazioni tra le stesse.
- ecologia delle popolazioni (competitività tra organizzazioni simili): la sopravvivenza è determinata dall’ambiente e dal contesto;
- network collaborativo (cooperazione tra organizzazioni dissimili): ha lo scopo di rendere le organizzazioni maggiormente concorrenziali, condividere risorse e dividendo i rischi;
- istituzionalismo (cooperazione tra organizzazioni
simili): le aziende cercano la coerenza tra i diversi servizi per
compiacere gli attori esterni (legittimità).
- Adattamento mimetico: le organizzazioni imitano le pratiche di altre organizzazioni simili per ottenere legittimità;
- Adattamento coercitivo: le organizzazioni si conformano alle norme e alle aspettative del contesto in cui operano per ottenere legittimità;
- Adattamento normativo: le organizzazioni si adattano alle norme e alle regole del settore per ottenere legittimità.
Contabilità esterna
La contabilità è quel processo di raccolta di tutte le informazioni che consentono dare una valutazione dell’impresa.
La contabilità esterna si occupa di tutte le informazioni pubbliche riguardo le interazioni dell’organizzazione con l’esterno. Queste informazioni devono essere raccolte ed esaminate seguendo criteri omogenei definiti dalla legge.
La contabilità esterna interessa soprattutto gli shareholders e gli stakeholders.
Bilancio d’esercizio
Il principale documento output di questo processo è il bilancio d’esercizio (un esercizio è un anno contabile) che mostra la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa durante l’esercizio.
Il bilancio deve contenere informazioni sul
- patrimonio dell’impresa (nello stato patrimoniale);
- utile dell’impresa (nel conto economico);
- cassa (nel rendiconto finanziario).
Il bilancio è obbligatorio per legge e le aziende quotate in borsa devono renderlo pubblico.
I principi contabili, stabiliti da IFRS/AIS, stabiliscono i fatti da registrare, le modalità di registrazione, i criteri di valutazione e di esposizione di bilancio.
Il bilancio deve comunicare se l’impresa è:
- In equilibrio patrimoniale: le attività sono pari alle passività;
- In equilibrio economico: i ricavi sono pari ai costi;
- In equilibrio finanziario: le entrate sono pari alle uscite.
Le transazioni possono avvenire in due modalità:
- Competenza Economica: la transazione viene registrata nel bilancio quando il bene o servizio viene consegnato, indipendentemente dal pagamento;
- Logica di Cassa: la transazione viene registrata nel bilancio quando il pagamento viene effettuato, indipendentemente dalla consegna del bene o servizio.
Stato Patrimoniale (SP)
Lo stato patrimoniale rappresenta un riassunto di tutti i possedimenti di un’impresa in un determinato istante.
Lo stato patrimoniale è diviso in due sezioni principali:
- Attività: tutte le risorse a disposizione dell’impresa per ottenere benefici futuri;
- Passività: tutti i diritti vantati da terzi sulle
risorse dell’impresa, obblighi verificati nel passato.
- Patrimonio Netto: il valore delle attività dell’impresa dopo aver dedotto tutte le passività.
Vale sempre la formula
\text{Totale Attività} \equiv \text{Totale Passività} + \text{Patrimonio Netto}
Le attività sono riportate sulla base del criterio di liquidità, mentre le passività sono riportate secondo il criterio di esigibilità, ovvero la capacità di essere convertite in denaro o di essere pagate nel breve termine (esercizio).
Per le attività l’ordine è:
- Attività non correnti: utilità utilizzate oltre
l’esercizio corrente;
- Attività materiali: risorse fisiche utilizzate per la
produzione di beni o servizi.
- Immobili, impianti, macchinari di proprietà
- Beni in locazione finanziaria
- Investimenti immobiliari
- Attività immateriali: risorse non fisiche che portano
benefici economici.
- Brevetti e Licenze
- Avviamento (goodwill): valore aggiunto di un’impresa acquistata che non può essere attribuito a beni specifici (Acquisto - Patrimonio Netto);
- Altre attività non correnti
- Partecipazioni
- Titoli e crediti finanziari
- Crediti vari e altre attività non correnti
- Attività per imposte anticipate
- Attività materiali: risorse fisiche utilizzate per la
produzione di beni o servizi.
- Attività correnti: utilità utilizzate entro
l’esercizio corrente;
- Rimanenze di magazzino
- Lavori in corso su ordinazione
- Crediti commerciali
- Titoli, crediti finanziari, altre attività finanziarie correnti e altre attività disponibili per la vendita
- Cassa e altre disponibilità liquide equivalenti
- Attività cessate o destinate ad essere cedute (Non
sempre presente)
- Di natura finanziaria
- Di natura non finanziaria
Le attività a vita utile definita perdono valore col passare del tempo. Questa perdita di valore è detta ammortamento è può essere:
- a quote costanti: si considera che il bene perda lo stesso valore ogni anno;
- a quote decrescenti: si considera che il bene perda un valore sempre minore ogni anno;
- quantità prodotte: si considera che il bene perda valore in base alla quantità di beni prodotti.
Le attività a vita utile non definita, invece, possono subire sia una svalutazione che una valutazione in base al criterio del fair value (valore equo) che rappresenta il prezzo di mercato di un bene o servizio in un mercato attivo.
Per le rimanenze di magazzino, il valore considerato è il minimo tra il costo (che può essere calcolato con il metodo FIFO (si considerano venduti i pezzi prodotti precedentemente) o con il metodo del costo medio (si considera il prezzo medio dei prodotti) e il valore di realizzo.
Per le passività l’ordine è:
- Patrimonio netto: valore dei diritti sull’impresa
da parte degli azionisti per il capitale investito;
- Capitale emesso: capitale conferito dagli azionisti all’impresa all’atto della sottoscrizione;
- Riserve
- Riserva da sovrapprezzo: capitale aggiunto dagli azionisti per aumenti di capitale a pagamento ((valore acquisto - valore nominale) * numero azioni);
- Riserva da rivalutazione: modifica da fair value;
- Altre riserve
- Utili (e perdite) di esercizio: risultato del conto economico dell’esercizio corrente;
- Utili (e perdite) portate a nuovo: somma di tutti gli utili che l’impresa ha deciso di non distribuire agli azionisti;
- Passività non correnti: diritti vantati da terzi a
lungo termine;
- Passività finanziarie: diritti vantati da terzi che hanno finanziato
l’impresa (prevedono interesse);
- Obbligazioni in circolazione
- Debiti verso banche
- Altre attività finanziarie
- Debiti commerciali
- TFR e altri fondi relativi al personale
- Fondo imposte
- Fondo per rischi e oneri futuri
- Debiti vari e altre attività non correnti
- Passività finanziarie: diritti vantati da terzi che hanno finanziato
l’impresa (prevedono interesse);
- Passività correnti: diritti vantati da terzi
esigibili nell’esercizio;
- Passività finanziarie
- Obbligazioni in circolazione
- Debiti verso banche
- Altre passività finanziarie
- Debiti commerciali
- Debiti per imposte
- Debiti vari e altre passività correnti
- Passività finanziarie
- Passività correlate ad attività cessate o destinate ad
essere cessate
- Di natura finanziaria
- Di natura non finanziaria
Conto Economico (CE)
Il conto economico rappresenta la situazione economica dell’impresa durante l’esercizio e mostra i flussi di soldi in entrata ed uscita, l’utile di esercizio, sostenuti durante l’esercizio (si azzera annualmente).
Il conto economico è calcolato secondo il criterio di competenza economica e mostra i ricavi e i costi sostenuti durante l’esercizio.
I ricavi di competenza rappresentano il valore dei beni venduti o dei servizi erogati durante l’esercizio, indipendentemente dall’incasso. Vengono registrati nel Conto Economico (CE) nell’anno di alienazione del bene o erogazione del servizio.
Scenari per i Ricavi (secondo il principio di competenza):
- Prodotto/servizio consegnato e pagato dal cliente:
- Si registra un Ricavo nel CE.
- Aumenta la Cassa (Attività nello Stato Patrimoniale - SP).
- Prodotto/servizio consegnato, ma non pagato dal cliente:
- Si registra un Ricavo nel CE.
- Aumentano i Crediti Commerciali (Attività in SP).
- Cliente ha pagato, ma prodotto/servizio non ancora consegnato:
- Non si registra un Ricavo nel CE.
- Aumenta la Cassa (Attività in SP).
- Aumentano gli Anticipi da Clienti (Passività in SP).
I costi di competenza sono il valore delle risorse utilizzate per generare i ricavi dell’esercizio, indipendentemente dal pagamento. Vengono registrati nel CE nell’anno in cui contribuiscono alla produzione.
Scenari per i Costi (secondo il principio di competenza):
- Bene/servizio usufruito e pagato dall’impresa:
- Si registra un Costo nel CE.
- Diminuisce la Cassa (Attività in SP).
- Bene/servizio usufruito, ma non ancora pagato dall’impresa:
- Si registra un Costo nel CE.
- Aumentano i Debiti Commerciali (Passività in SP).
- Impresa ha pagato, ma bene/servizio non ancora usufruito:
- Non si registra un Costo nel CE.
- Diminuisce la Cassa (Attività in SP).
- Aumentano i Costi Anticipati (Attività in SP).
Il conto economico può essere redatto secondo due modalità:
- Per natura: i costi sono classificati in base alla loro natura (ad es. costi del personale, costi dei materiali, etc.);
- Per destinazione: i costi sono classificati in base alla loro destinazione (ad es. costi di produzione, costi di vendita, etc.).
Il conto economico solitamente ha la seguente struttura:
Voce | Descrizione |
---|---|
+ Ricavi | |
+ Altri Proventi | ricavi dall’utilizzo di terzi dei beni aziendali |
= Totale Ricavi | |
- Acquisti di materie prime | |
- Costi Personale | |
- Costi Operativi | |
- Costi per lavori interni capitalizzati | |
- Variazione rimanenze | differenza algebrica tra il valore delle rimanenze finali e quelle iniziali |
= EBITDA | Utile operativo ante ammortamenti, interessi e tasse |
- Ammortamenti | |
- Plusvalenze/minusvalenze | da realizzo di attività correnti (ricavo di una cessione) |
- Ripristini/svalutazioni | di valore di attività correnti (fair value) |
= EBIT/MON | Utile operativo, Margine Operativo Netto |
+ Proventi finanziari | |
- Oneri finanziari | interessi sui finanziamenti |
= Utile prima di imposte | |
- Imposte sul reddito | |
= Utile dalle attività in funzione | |
+/- Utile (perdita) netto | dalle attività cessate |
= Utile netto d’esercizio |
Metodo della partita doppia
Il metodo della partita doppia è un sistema di registrazione contabile che permette di tenere traccia delle transazioni economiche in modo da garantire l’equilibrio tra le attività e le passività.
Questo metodo si basa sul principio:
\text{Attività} = \text{Passività} + \text{Patrimonio Netto}
Dove il patrimonio netto dell’esercizio è dato da:
\text{Patrimonio Netto} = \text{Patrimonio netto}^{t - 1} + \text{Utile d'Esercizio}
e dal conto economico sappiamo che:
\text{Utile d'Esercizio} = \text{Ricavi} - \text{Costi}
Il componente fondamentale del metodo della partita è il mastrino (o conto): un registro contabile che contiene le informazioni relative ad una singola voce di stato patrimoniale o di conto economico.
I mastrini sono divisi in due colonne:
- Dare: la colonna in cui vengono registrate le entrate (aumentano le attività, diminuiscono le passività o costi di conto economico);
- Avere: la colonna in cui vengono registrate le uscite (diminuiscono le attività, aumentano le passività o ricavi di conto economico).
I mastrini di stato patrimoniale devono essere iniziati con il saldo iniziale dell’esercizio e aggiornati con le transazioni che avvengono durante l’esercizio. I mastrini di conto economico, invece, vengono azzerati all’inizio di ogni esercizio e aggiornati con le transazioni che avvengono durante l’esercizio.
Dare | Avere |
---|---|
+ Attività | - Attività |
- Passività | + Passività |
- Patrimonio Netto | + Patrimonio Netto |
+ Costi | + Ricavi |
Ogni transazione viene contabilizzata in modo che la somma dei valori messi in dare sia pari alla somma dei valori in avere, quindi ogni transazione dà origine a due o più mastrini.
Rendiconto Finanziario (schema di cash flow)
Il rendiconto finanziario è il documento che mostra i flussi di cassa dell’impresa durante l’esercizio, ossia le entrate e le uscite di denaro.
Il rendiconto finanziario segue il principio di cassa, quindi sono segnate solo le variazioni di disponibilità liquide.
Il Rendiconto Finanziario è strutturato in diverse sezioni basate sulla categoria dei flussi di cassa:
- Flusso di cassa netto della gestione operativa: evidenzia i flussi di cassa generati dalle attività operative dell’impresa;
- Flusso di cassa netto per attività di investimento: evidenzia gli investimenti e i disinvestimenti dell’impresa;
- Flusso di cassa netto per attività di finanziamento: evidenzia i finanziamenti acquisiti e rimborsati dall’impresa.
La somma algebrica di questi tre flussi fornisce l’incremento o il decremento delle disponibilità liquide durante l’esercizio.
Voce | Formula |
---|---|
Flusso di cassa netto della gestione operativa | A |
Flusso di cassa netto per attività di investimento | B |
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento | C |
Incremento (decremento) delle disponibilità liquide | D = A + B + C |
Disponibilità liquide all’inizio del periodo | E |
Disponibilità liquide alla fine del periodo | F = D + E |
Flusso di cassa netto della gestione operativa
La prima sezione del rendiconto finanziario è il flusso di cassa netto della gestione operativa, che rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività operative (operating activities) dell’impresa.
Queste includono i flussi di cassa derivanti dalla gestione operativa aziendale, ovvero l’insieme delle attività finalizzate alle attività principali dell’azienda. Sono strettamente legate alla gestione operativa del Conto Economico.
Partendo dall’utile d’esercizio (CE), si rettificano i costi non monetari (come l’ammortamento) e le variazioni del capitale circolante netto operativo (differenza tra attività e passività correnti), ottenendo il flusso di cassa netto della gestione operativa.
Voce | +/- |
---|---|
Utili del Periodo | +/- |
Rettifiche costi non-cash | |
Ammortamenti | + |
Accantonamenti | + |
Plusvalenze (Minusvalenze) da attività NC | +/- |
Ripristini (Svalutazione) da attività NC | +/- |
Variazione capitale circolante netto | |
Variazione crediti (finali - iniziali) | - |
Variazione rimanenze (finali - iniziali) | - |
Variazione debiti commerciali (finali - iniziali) | + |
Variazione debiti per imposte (finali - iniziali) | + |
Flusso di cassa netto della gestione operativa | = |
Flusso di cassa netto per attività di investimento
Il flusso di cassa netto per attività di investimento rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività di investimento (investment activities) dell’impresa.
Queste includono i flussi di cassa derivanti dall’acquisizione e la cessione di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie. Queste attività sono strettamente collegate alle voci delle attività nello Stato Patrimoniale.
Voce | +/- |
---|---|
Pagamenti per acquistare attività | - |
Entrate dalla vendita di attività | + |
Pagamenti per l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese | - |
Incassi dalla vendita di partecipazioni in altre imprese | + |
Flusso di cassa netto per attività di investimento | = |
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento
Il flusso di cassa netto per attività di finanziamento rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività di finanziamento (financing activities) dell’impresa.
Comprendono le variazioni dell’ammontare del patrimonio netto e/o del capitale di debito che derivano dalla politica di finanziamento dell’impresa (ad esempio, interessi, debiti, partecipazioni azionarie). Sono legate alle voci del Patrimonio Netto e delle Passività nello Stato Patrimoniale
Voce | +/- |
---|---|
Incassi derivanti dall’emissione di azioni | + |
Rimborsi agli azionisti a seguito di riduzioni di capitale | - |
Dividendi erogati | - |
Incassi derivanti dall’accensione di prestiti | + |
Rimborsi di prestiti | - |
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento | = |
Analisi del bilancio
L’analisi di bilancio è il processo che valuta la situazione economica di un’azienda mediante indicatori numerici.
Questi indicatori si dividono in tre categorie.
Indici reddituali
Gli indici reddituali misurano la capacità dell’impresa di generare utili.
Return on Equity (ROE)
Il Return on Equity (ROE) è un indicatore che misura la redditività del capitale fornito dagli azionisti.
Un ROE elevato indica che l’impresa sta generando un buon ritorno sugli investimenti degli azionisti. Un ROE che aumenta negli anni è indice di un miglioramento nella gestione.
Si calcola come:
\text{ROE} = \frac{\text{Utile Netto}}{\text{Patrimonio Netto}} [\%]
Dove:
- Utile Netto è l’utile d’esercizio riportato nel conto economico;
- Patrimonio Netto è riportato nello stato patrimoniale.
Return on Investment (ROI)
Il Return on Investment (ROI) è un indicatore che misura la redditività della gestione operativa dell’impresa ovvero quanto bene è in grado di trasformare gli input in output.
Si calcola come:
\text{ROI} = \frac{\text{EBIT}}{\text{Capitale Investito}} [\%]
Dove:
- EBIT è l’utile operativo, riportato nel conto economico;
- Capitale Investito è la somma del patrimonio netto (E) e delle passività (D), riportato nello stato patrimoniale. Indica il valore complessivo dell’azienda, quello che compare da entrambi i lati dell’equazione fondamentale del bilancio.
Il ROI può essere visto anche come prodotto tra il Return on Sales (ROS) e la Rotazione dell’attivo (RA).
\text{ROS} = \frac{\text{EBIT}}{\text{Valore della produzione}}
\text{RA} = \frac{\text{Valore della produzione}}{\text{Capitale investito}}
Dove:
- Valore della produzione è la somma di tutti i ricavi e proventi operativi con la variazione delle scorte di prodotti finiti.
Il ROS misura la redditività operativa di ciascuna unità di prodotto realizzato. Il RA misura le capacità delle risorse dell’impresa di generare output di valore.
Dal RA derivano altri due indici:
\text{Rotazione delle scorte} = \frac{\text{Ricavi}}{\text{Valore rimanenze}}
\text{Tempo medio incasso crediti} = \frac{\text{Crediti commerciali}}{\text{Ricavi}} \cdot 365
Return on Debt (ROD)
Il Return on Debt (ROD) è un indicatore che misura il costo medio del capitale di debito.
Si calcola come:
\text{ROD} = \frac{\text{Oneri Finanziari}}{\text{Debiti Finanziari}} [\%]
Dove:
- Oneri Finanziari sono gli interessi pagati sui debiti finanziari, riportati nel conto economico;
- Debiti Finanziari sono i debiti finanziari correnti e non, riportati nelle passività dello stato patrimoniale.
Se il ROI è maggiore del ROD, l’impresa sta generando un ritorno maggiore rispetto al costo del capitale preso in prestito, di conseguenza il debito crea valore aggiunto e conviene indebitarsi.
Nota: Esistono molte formule per calcoare il ROD. Nessuna di queste è quella riportata sopra in quanto questa misura semplicemente un costo invece che un ritorno. La considerazione sul confronto col ROI si mantiene vera se si calcola il ROI come descritto nel paragrafo precedente.
Leva Finanziaria
La leva finanziaria è un indicatore che misura il livello di indebitamento dell’impresa.
Si calcola come:
\text{D/E} = \frac{\text{Debiti}}{\text{Patrimonio Netto}}
Dove:
- Debiti sono il totale delle passività, riportate nello stato patrimoniale;
- Patrimonio Netto è riportato nello stato patrimoniale.
Se la leva finanziaria è maggiore di 1, significa che l’impresa ha più debiti che patrimonio netto, quindi maggiore è la leva finanziaria, maggiore è il rischio di insolvenza dell’impresa.
La redditività degli azionisti cresce con l’aumentare della leva.
Vale l’identità della leva finanziaria: \text{ROE} = [\text{ROI} + \text{D/E} * (\text{ROI} - \text{ROD})].
Indici di liquidità
Gli indici di liquidità misurano la capacità dell’impresa di far fronte ai propri impegni finanziari a breve termine.
Rapporto Corrente (RC)
Il Rapporto Corrente (RC) è un indicatore che misura la capacità dell’impresa di coprire le passività correnti con le attività correnti.
Si calcola come:
\text{RC} = \frac{\text{Attività Correnti}}{\text{Passività Correnti}}
Un RC molto maggiore di 1 indica che ha troppe risorse liquide e se investite potrebbero generare un ritorno maggiore.
Test Acido (TA)
Il Test Acido (TA) è un indicatore che misura la capacità dell’impresa di coprire le passività correnti con le attività correnti, escludendo le rimanenze di magazzino.
Si calcola come:
\text{TA} = \frac{\text{Attività Correnti} - \text{Rimanenze}}{\text{Passività Correnti}}
Dove:
- Rimanenze sono le scorte di magazzino, riportate nello stato patrimoniale.
Il valore del Test Acido deve essere maggiore di 1 per indicare che l’impresa ha sufficienti attività liquide per coprire le passività correnti.
Indici Patrimoniali
Gli indici patrimoniali misurano la solidità patrimoniale dell’impresa e la solvibilità a lungo termine.
Indice di Autonomia Finanziaria
Indica la capacità dell’impresa di aumentare il patrimonio netto senza contributi dai soci.
Si calcola come:
\text{Indice di Autonomia Finanziaria} = \frac{\text{Equity}}{\text{Capitale Sociale}}
Indice di Copertura del Debito
Indica la capacità dell’impresa di autofinanziarsi a fronte del debito finanziario.
Si calcola come:
\text{Indice di Copertura del Debito} = \frac{\text{Cash Flow Operativo}}{\text{Debiti Finanziari}}
Contabilità interna
Il problema della contabilità esterna consiste nel fatto che fornisce informazioni sintetiche e poco tempestive.
La contabilità interna si occupa di raccogliere informazioni più dettagliate e tempestive per supportare le decisioni aziendali.
L’impresa deve definire degli oggetti di costo, ovvero le aree di attività che devono essere monitorate e analizzate per valutare la performance dell’impresa (unità organizzative o prodotti).
Classificazione dei Costi
Il costo è un valore monetario che rappresenta il consumo di risorse per il raggiungimento di un obiettivo prefissato.
I costi possono essere classificati in base a diversi criteri:
- Costi diretti vs. indiretti
- Diretti: costi che possono essere direttamente attribuiti ad un oggetto di costo specifico (ad es. materie prime, manodopera diretta);
- Indiretti: costi che non possono essere direttamente attribuiti ad un oggetto di costo specifico e devono essere ripartiti tra più oggetti di costo (ad es. costi generali, affitti).
- Costi di produzione vs. di periodo
- Produzione: costi sostenuti per la produzione di
beni o servizi;
- Costi di produzione diretti: costi che possono essere direttamente attribuiti alla produzione di un singolo bene o servizio (ad es. materie prime, manodopera diretta);
- Costi di produzione indiretti (Overhead): costi che non possono essere direttamente attribuiti alla produzione di un singolo bene o servizio, ma associabili al processo di produzione (ad es. ammortamenti, energia);
- Costi di Conversione: costi sostenuti per trasformare le materie prime in prodotti finiti (Lavoro diretto + Overhead di produzione);
- Periodo: costi sostenuti per attività che non sono direttamente associabili alla produzione, ma che sono necessarie per il funzionamento dell’impresa (ad es. finanza, amministrazione).
- Produzione: costi sostenuti per la produzione di
beni o servizi;
- Costi fissi vs. variabili
- Fissi: costi che non variano al variare del volume di produzione (ad es. affitti, stipendi);
- Variabili: costi che variano al variare del volume di produzione (ad es. materie prime, energia).
- Costi evitabili vs. inevitabili
- Evitabili: costi che sono legati ad una decisione;
- Inevitabili: costi che non possono essere evitati, indipendentemente dalle decisioni prese.
Rilevazione dei Costi
La rilevazione dei costi è il processo di raccolta e registrazione dei costi sostenuti dai vari oggetti di costo.
I costi possono essere rilevati in diversi modi:
- Full Costing: Questo metodo rileva e attribuisce tutti i tipi di costo, inclusi quelli di periodo, agli oggetti di costo con l’obiettivo è determinare il costo pieno aziendale;
- Absorption Costing: Rileva tutti i costi di produzione, mirando a calcolare il costo pieno industriale (CPI).
I costi vengono allocati in base ad un principio:
- Principio Causale: i costi sono allocati agli oggetti di costo in base ad una relazione causa-effetto;
- Principio Proporzionale: i costi sono allocati proporzionalmente rispetto ad una base di allocazione (ad es. ore di lavoro, metri quadrati, etc.).
I principali metodi di rilevazione sono:
Process Costing
Il Process Costing è un metodo di rilevazione dei costi utilizzato per produzioni omogenee, con processi produttivi a flusso.
Se l’invarianza di wip (work in progress) è invariata, è possibile calcolare il CPI come:
\text{CPI} = \frac{\text{C}_\text{MD} + \text{C}_\text{LD} + \text{C}_\text{OVH}}{\text{N}_\text{PF}}
Dove:
- C_{MD}: Costi dei Materiali Diretti;
- C_{LD}: Costi del Lavoro Diretto;
- C_{OVH}: Costi Indiretti di Produzione (Overhead);
- N_{PF}: Numero di Prodotti Finiti.
Nel caso in cui ci fosse una variazione di semilavorati, bisogna calcolare:
- Grado di Completamento (\alpha): frazione dei costi già sostenuti per i semilavorati rispetto al costo totale (calcolati linearmente);
- Unità Equivalenti (UE): numero di unità che sarebbero state prodotte se tutte le risorse fossero state impiegate in beni finiti (\text{UE} = \alpha * N_{\text{wip}}).
In caso di rimanenze è possibile rilevare i costi tramite due metodi:
- FIFO: si ipotizza che le unità di prodotto finito
vengano prodotte a partire da quelle in corso di lavorazione del periodo
precedente;
Calcolo delle Unità Equivalenti (UE): \text{UE} = (\text{N}_{\text{PF}} - \alpha_1 \text{N}_{\text{WIP}_1}) + \alpha_2 \text{N}_{\text{WIP}_2}
Calcolo del Costo per Unità Equivalente (CPI): \text{CPI} = \frac{C}{\text{UE}} Dove C è il costo totale sostenuto nel periodo.
Calcolo del valore dei prodotti finiti e dei WIP finali:
Valore dei WIP finali: C_{\text{WIP}_2} = \text{CPI} \times \alpha_2 \text{N}_{\text{WIP}_2}
Valore dei prodotti finiti: C_{\text{PF}} = C + C_{\text{WIP}_1} - C_{\text{WIP}_2}
- Costo Medio: si calcola il costo medio ponderato
delle unità prodotte, considerando tutte le unità in corso di
lavorazione e quelle finite.
Calcolo delle Unità Equivalenti (UE): \text{UE} = \text{N}_{\text{PF}} + \alpha_2 \text{N}_{\text{WIP}_2}
Calcolo del Costo per Unità Equivalente (CPI): \text{CPI} = \frac{C + C_{\text{WIP}_1}}{\text{UE}}
Calcolo del valore dei prodotti finiti e dei WIP finali:
- Valore dei WIP finali: C_{\text{WIP}_2} = \text{CPI} \times \alpha_2 \text{N}_{\text{WIP}_2}
- Valore dei prodotti finiti: C_{\text{PF}} = \text{CPI} \times \text{N}_{\text{PF}}
Job Order Costing (JOC)
Il Job Order Costing (JOC) è un metodo di rilevazione dei costi utilizzato per produzioni in cui l’output è quantificabile in lotti e ciascun reparto si occupa di più lotti nel periodo.
Utile quando i costi di materia prime e lavoro diretto sono preponderanti e attribuibili a singoli lotti.
I costi indiretti di produzione (Overhead) non sono direttamente imputabili ai singoli lotti e sono allocati proporzionalmente ad una base di allocazione (ba).
- Associare ad ongi lotto una base di allocazione (\text{ba}_j).
- Calcolo del coefficiente di allocazione (L): \text{CA} = \frac{\text{C}_\text{ovh}}{\text{Base di Allocazione Prevista}}
- Calcolo del costo totale del lotto (\text{C}_j): \text{C}_j = \text{C}_\text{MD} + \text{C}_\text{LD} + \text{CA} \cdot \text{ba}_j
- Calcolo del costo per unità del lotto (\text{CPI}_j): \text{CPI}_j = \frac{\text{C}_j}{\text{N}_{\text{PF}_j}}
Activity Based Costing (ABC)
L’Activity Based Costing (ABC) è un metodo di rilevazione dei costi preciso che un coefficiente di allocazione per ogni attività, permettendo di allocare i costi indiretti in modo più accurato.
- Identificare le attività che generano costi indiretti e definire i driver di costo (fattori che indicano l’impiego della risorsa al prodotto).
- Ripartire i costi al prodotto secondo il driver di ciascuna attività
- Calcolare il costo totale
Confronto tra i metodi
Di seguito sono riportate delle tabelle che confrontano i principali metodi di rilevazione dei costi (Process Costing, Job Order Costing - JOC, Activity Based Costing - ABC) in base ai criteri di allocazione dei costi e alle loro caratteristiche principali.
Metodo | Materiali Diretti | Lavoro Diretto | Costi Indiretti |
---|---|---|---|
Process Costing | Proporzionale | Proporzionale | Proporzionale |
JOC | Causale | Causale | Proporzionale |
ABC | Causale | Causale | Causale |
Metodo | Precisione | Onerosità | Ambito tipico di applicazione |
---|---|---|---|
Process Costing | Bassa | Bassa | Processi a flusso |
JOC | Alta | Alta | MP+LD preponderanti |
ABC | Molto alta | Molto alta | OVH non proporzionali |
Decisioni di breve periodo
Le decisioni di breve periodo sono decisioni che:
- non coinvolgono una modifica strutturale delle risorse aziendali;
- Hanno un impatto economico limitato e corrente all’esercizio;
- Non influiscono la strategia dell’impresa.
Nella scelta tra alcune alternative vengono considerati solo i costi e i ricavi che variano al variare della decisione, ovvero i costi differenziali e i ricavi differenziali.
Per valutare una scelta bisogna capire quanto guadagno uno o più prodotti possono portare all’impresa. Per fare ciò si calcola il margine di contribuzione (MC), che è la differenza tra il prezzo di vendita e i costi variabili.
m = p - cv
Il margine totale viene calcolato moltiplicando il margine di contribuzione per il numero di unità vendute (Q).
Make or Buy
In caso di decisione di Make or Buy, l’impresa deve decidere se produrre internamente un bene o acquistarlo da un fornitore esterno.
In questo caso si sceglie una delle alternative come caso base e si calcolano i costi differenziali tra le due alternative.
Bisogna anche considerare i costi opportunità, ovvero i benefici al quale si rinuncia scegliendo una delle due alternative.
Analisi di Break-Even
L’analisi di Break-Even è un metodo per determinare il punto di pareggio, ovvero il livello di vendite necessario per coprire tutti i costi fissi o ottenere un certo profitto.
Alcune ipotesi sono:
- Il prezzo è costante rispetto al volume di vendita;
- Non ci sono crediti o merci invendute;
- I costi sono costanti rispetto al volume di vendita.
Per calcolare il punto di break even si deve prima trovare il margine di contribuzione medio (m_\text{medio}):
m_x = \text{prezzo} - C_\text{variabili} m_\text{medio} = \sum_{i=1}^{n} m_i * x_i
Dove x_i è la percentuale di unità vendute del prodotto i.
Per trovare il punto di break even, o il profitto target, si deve:
Q_\text{target} = \frac{C_\text{fissi} + P_\text{target}}{m_\text{medio}}
Per avere un confronto con la quantità massima che l’azienda può produrre si calcola il margine di sicurezza:
\text{Margine di Sicurezza} = \frac{Q_\text{max} - Q_\text{target}}{Q_\text{max}}
Mix Produttivo
Il mix produttivo è la combinazione di prodotti che l’impresa decide di produrre per massimizzare il profitto. Questo valore può essere influenzato da dei vincoli:
- Consumo di risorse limitate (ad es. manodopera, materie prime);
- Natura contrattuale (ad es. contratti di fornitura, ordini dei clienti);
- Di mercato (ad es. domanda di mercato, concorrenza).
Per prima cosa di calcolano i margini di contribuzione per ogni prodotto.
Successivamente si esaminano i vincoli:
- In assenza di vincoli si produce il prodotto con il margine di contribuzione più alto;
- In presenza di vincoli di risorse si calcola il margine di contribuzione per unità di risorsa scarsa (m_i / \text{quantità risorsa utilizzata}) per ogni prodotto e si produce il prodotto con il margine di contribuzione più alto fino ad esaurimento della risorsa;
- In presenza di vincoli contrattuali si soddisfa prima il vincolo per poi massimizzare il profitto;
- In presenza di vincoli di mercato si produce il prodotto con il margine di contribuzione più alto fino a raggiungere la domanda di mercato.
Valutazione degli Investimenti
Un investimento è un’operazione economica che comporta l’impiego di risorse finanziarie per ottenere un ritorno economico futuro.
Gli investimenti avere due tipologie di uscite di cassa:
- Conventional Cash Flow: Uscite di cassa presenti solo all’inizio dell’investimento;
- Non-Conventional Cash Flow: Uscite di cassa presenti anche durante l’investimento.
Gli investimenti si valutano in base ad un caso base e si preferiscono le alternative che massimizzano il ritorno economico, soprattutto nel breve periodo.
Esistono due tipologie di investimenti:
- Non Obbligatori: investimenti che l’impresa può decidere di effettuare o meno, in questo caso si prende come caso base il non effettuare l’investimento;
- Obbligatori: investimenti che l’impresa deve effettuare per continuare a operare, in questo caso si prende come caso base una delle opzioni.
Come nell’analisi di make or buy si calcolano i costi e i ricavi differenziali tra le due alternative.
Per prima cosa di calcolano le differenze nel conto economico nei vari anni e successivamente si rettificano tutte le uscite/entrate cash come ammortamenti, svalutazioni, plusvalenze/minusvalenze, etc.
Voce | +/- |
---|---|
Ricavi Differenziali | + |
Costi Operativi Differenziali | - |
Ammortamenti Differenziali | - |
Stipendi Differenziali | - |
Plusvalenze/Minusvalenze | +/- |
Utile Lordo Differenziale | = |
Imposte Differenziali | + |
Utile Netto Differenziale | = |
Investimento Iniziale | - |
Rettificata Ammortamento | + |
Rettificata TFR | + |
Eroga TFR | - |
Rettificata Plus/Minus | +/- |
Vendite | + |
NCF | = |
In questo calcolo si ignorano i costi affondati, ovvero i costi che non possono essere recuperati e che non influenzano la decisione di investimento.
Analisi degli investimenti
Per analizzare gli investimenti di usano due tipologie di metodi:
- Discounted Cash Flow (DCF): metodi che considerano la distribuzione temporale dei flussi di cassa;
- Non DCF: metodi che non considerano la distribuzione temporale dei flussi di cassa.
I metodi DFC considerano attualizzazione del capitale, ovvero fatto che il valore del denaro nel tempo, ovvero il fatto che un euro oggi vale più di un euro domani a causa del costo opportunità del capitale (k).
Il costo opportunità del capitale è la remunerazione a cui i finanziatori (shareholders, banche, etc) del progetto rinunciano invece che investire in un progetto alternativo.
Net Present Value (NPV)
Il Net Present Value (NPV) è il valore attualizzato netto dei flussi di cassa futuri di un investimento, scontati al costo opportunità del capitale.
NPV = \sum_{t=0}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + k)^t}
Dove:
- NCF_t (Net Cash Flow) è il flusso di cassa netto atteso al tempo t;
- k è il costo opportunità del capitale;
- n è la durata dell’investimento in anni.
Un NPV positivo indica che l’investimento è redditizio e dovrebbe essere accettato.
Profitability Index (PI)
Il Profitability Index (PI) è un indicatore che misura il valore attuale dei flussi di cassa futuri rispetto all’investimento iniziale.
Si calcola come:
PI = \frac{\sum_{t=1}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + k)^t}}{NCF_0}
Un investimento è considerato redditizio se il PI è maggiore di 1, indicando che il valore attuale dei flussi di cassa futuri è maggiore dell’investimento iniziale.
Internal Rate of Return (IRR)
L’Internal Rate of Return (IRR) (o Tasso Interno di Rendimento - TAR) è il tasso di sconto che rende il NPV dell’investimento pari a zero.
\sum_{t=0}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + IRR)^t} = 0
Un IRR maggiore del costo opportunità del capitale (k) indica che l’investimento è redditizio.
Payback Time (PT)
Il Payback Time (PT) è il tempo necessario per recuperare l’investimento iniziale attraverso i flussi di cassa netti generati dall’investimento.
Il Payback Time si calcola sommando i NCF (attualizzati e non) fino a raggiungere l’investimento iniziale.
Un investimento è considerato accettabile se il Payback Time è inferiore al periodo di tempo stabilito dall’impresa (T_{CUTOFF}).
Il Mercato
Il mercato è un luogo dove avvengono scambi di beni e servizi tra acquirenti e venditori.
Secondo l’economia classica esistono due concetti fondamentali:
- Razionalità Economica: gli attori economici hanno informazioni complete sul mercato e prendono decisioni razionali per massimizzare il loro benessere;
- Ottimo Paretiano: una situazione in cui non è possibile migliorare la condizione di un attore economico senza peggiorare quella di un altro.
Domanda
La domanda è data dai consumatori e rappresenta la quantità di beni o servizi che i consumatori sono disposti ad acquistare a un certo prezzo.
I consumatori mirano a massimizzare la propria utilità, ovvero il grado di soddisfazione che ottengono dal consumo di beni e servizi.
La funzione di utilità descrive come varia il livello di soddisfazione del consumatore al variare delle quantità di beni e servizi consumati. Questa funzione ha:
- Utilità monotona e crescente: più beni e servizi vengono consumati, maggiore è l’utilità;
- Utilità marginale decrescente: l’utilità aggiuntiva derivante dal consumo di un’unità aggiuntiva di un bene o servizio diminuisce al crescere della quantità consumata.
Il consumatore ha un prezzo di riserva (PR), ovvero il prezzo massimo che è disposto a pagare per un bene o servizio in base all’utilità che ne deriva.
Il prezzo di riserva e la funzione di utilità portano alla curva di domanda individuale di un bene ed esprime il prezzo di riserva in base alla quantità. Questa funzione è decrescente (data la marginalità decrescente dell’utilità), quindi all’aumentare della quantità richiesta, il prezzo di riserva del singolo bene diminuisce.
La curva di domanda origina il Surplus del Consumatore, che rappresenta la differenza tra il prezzo di riserva e il prezzo di mercato pagato per un bene o servizio.
Questi valori derivano da:
- Caratteristiche del consumatore:
- Gusti e necessità individuali;
- Reddito disponibile:
- Beni Normali: beni la cui domanda aumenta all’aumentare del reddito;
- Beni Inferiori: beni la cui domanda diminuisce all’aumentare del reddito;
- Caratteristiche del bene:
- Prezzo e disponibilità di Beni Sostituti: beni che possono essere utilizzati al posto di un altro bene;
- Prezzo e disponibilità di Beni Complementari: beni che sono utilizzati insieme ad un altro bene;
La Domanda di Mercato è la somma delle domande individuali di tutti i consumatori per un determinato bene o servizio. La curva di domanda di mercato è la somma orizzontale delle curve di domanda individuali.
La domanda varia in base al:
- Prezzo
- Reddito
- Prezzi dei beni sostituti e complementari
La variazione della domanda in base ad uno di questi fattori porta all’elasticità della domanda, che misura la sensibilità della quantità domandata al variare di un fattore.
L’elasticità in base al prezzo della domanda si calcola come:
\varepsilon_x = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta P_x} \cdot \frac{P_x}{Q_x}\right|
L’elasticità incrociata si calcola come:
\varepsilon_{xy} = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta P_y} \cdot \frac{P_y}{Q_x}\right|
L’elasticità del reddito si calcola come:
\varepsilon_m = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta M} \cdot \frac{M}{Q_x}\right|
L’elasticità della domanda può essere:
- Elastica: \varepsilon > 1 (la domanda varia più che proporzionalmente al variare del prezzo);
- Anelastica: \varepsilon < 1 (la domanda varia meno che proporzionalmente al variare del prezzo);
Offerta
L’offerta è data dai produttori e rappresenta la quantità di beni o servizi che i produttori sono disposti a vendere a un certo prezzo.
L’obiettivo dei produttori è massimizzare il proprio profitto, ovvero la differenza tra i ricavi totali e i costi totali.
\text{Profitto} = \text{RT}(q) - \text{CT}(q)
Dove:
- RT(q) è il ricavo totale in funzione della quantità prodotta (q);
- CT(q) è il costo totale in funzione della quantità prodotta (q).
Durante la produzione bisogna trovate la quantità ottimale da produrre, che massimizza il profitto. Questo dato è dato dalla differenza di ricavo/costo marginale.
Il Ricavo Marginale (RM) è la variazione del ricavo totale derivante dalla vendita di un’unità aggiuntiva di prodotto.
\text{RM} = \frac{\Delta \text{RT}}{\Delta q}
Il Costo Marginale (CM) è la variazione del costo totale derivante dalla produzione di un’unità aggiuntiva di prodotto.
\text{CM} = \frac{\Delta \text{CT}}{\Delta q}
Per massimizzare il profitto, l’impresa deve decidere la quantità ottimale da produrre seguendo questa logica:
- Se RM > CM: Produrre un’unità in più aumenta il profitto, quindi conviene espandere la produzione.
- Se RM < CM: Produrre un’unità in più diminuisce il profitto, quindi conviene ridurre la produzione.
L’impresa raggiunge il massimo profitto nel punto in cui il ricavo marginale è uguale al costo marginale dato che aumentare la produzione oltre questo punto comporterebbe un aumento dei costi senza un corrispondente aumento dei ricavi.
\text{RM} = \text{CM}
Tipologie di Mercato
I mercati possono essere classificati in base al numero di produttori e consumatori e alla presenza di barriere all’ingresso.
Le tipologie di mercati sono distribuiti in un continuum che va da un estremo di concorrenza perfetta a un estremo di monopolio, con l’oligopolio come intermedi.
Concorrenza Perfetta
La concorrenza perfetta è un mercato ideale in cui:
- Esiste un numero infinito di produttori;
- I prodotti sono omogenei e indistinguibili tra loro;
- I produttori e i consumatori hanno informazioni perfette sul mercato;
- Non ci sono barriere all’ingresso o all’uscita dal mercato.
In questo tipo di mercato, i produttori sono price takers, ovvero accettano il prezzo di mercato come dato e non possono influenzarlo dato che:
- un prezzo superiore non venderebbe nulla;
- un prezzo inferiore non soddisferebbe l’intero mercato.
Dato che i produttori non possono influenzare il prezzo di mercato, l’azienda può solo decidere la quantità da produrre per massimizzare il profitto.
CM(q) = RM(q) = P
La condizione minima per la produzione è che il prezzo di mercato sia maggiore o uguale al costo medio di produzione:
P \geq \frac{CM(q)}{q}
Nel lungo periodo, le imprese entrano ed escono dal mercato in base alla redditività:
- Se il prezzo di mercato è maggiore del costo medio di produzione, le imprese entrano nel mercato, aumentando l’offerta e facendo diminuire il prezzo fino a raggiungere l’equilibrio;
- Se il prezzo di mercato è minore del costo medio di produzione, le imprese escono dal mercato, diminuendo l’offerta e facendo aumentare il prezzo fino a raggiungere l’equilibrio.
Per le imprese la concorrenza non è desiderabile, in quanto porta le imprese al profitto nullo.
Per i consumatori, la concorrenza perfetta è desiderabile, in quanto porta a prezzi più bassi e massimizza l’efficienza allocativa del mercato, e massimizza il surplus del consumatore.
Monopolio
Il monopolio è un mercato in cui esiste un solo produttore che controlla l’intero mercato.
In questo tipo di mercato, il monopolista è un price maker, ovvero può influenzare il prezzo di mercato decidendo la quantità da produrre.
Fissando un prezzo superiore ai costi marginali il monopolista è in grado di ottenere un profitto positivo.
Il prezzo che massimizza il profitto si trova massimizzando il numero di persone che comprerebbero il prodotto per il prezzo fissato.
Questo diminuisce il surplus del consumatore e aumenta il profitto del produttore, portando a una perdita secca (persone che avrebbero comprato il bene nella concorrenza perfetta).
Il monopolio nasce da delle barriere all’ingresso nel mercato, che impediscono ad altri produttori di entrare e competere. Queste barriere possono essere:
- Barriere Strutturali: barriere che dipendono da caratteristiche del mercato, come vantaggi di costo (economie di scala, accesso a risorse rare, etc.) o caratteristiche di domanda (gusti e preferenze dei consumatori);
- Barriere Istituzionali: barriere imposte da leggi o regolamenti, come brevetti, licenze, concessioni, etc.;
- Barriere Strategiche: barriere create dai produttori per impedire l’ingresso e l’uscita di concorrenti, come pratiche di prezzo predatorio, pubblicità aggressiva, etc.
Lo stato per limitare il monopolio può:
- Regolare i prezzi;
- Imporre leggi antitrust per prevenire pratiche monopolistiche;
- Trasformare monopoli privati in monopoli pubblici.
Conoscere il prezzo di riserva dei consumatori permette al monopolista di massimizzare il profitto applicando una discriminazione sui prezzi.
- Discriminazione di primo grado: il monopolista chiede a ogni consumatore il prezzo massimo che è disposto a pagare, ottenendo il massimo profitto possibile;
- Discriminazione di secondo grado: il monopolista offre diverse opzioni di prezzo per lo stesso prodotto, in base a caratteristiche dei consumatori non osservabili direttamente;
- Discriminazione di terzo grado: il monopolista divide i consumatori in gruppi in base a caratteristiche osservabili (ad es. età, etc.) e applica prezzi diversi per ciascun gruppo.